Comunicare per connettersi




Quando in una famiglia qualcosa si incrina, quando un figlio mostra un malessere o i genitori si sentono disorientati, spesso il disagio che emerge non è il problema “di qualcuno”, ma il segnale che la comunicazione all’interno del sistema familiare ha bisogno di essere ascoltata e riorientata.  

Il supporto psicologico familiare nasce proprio da questa consapevolezza: il cambiamento non passa solo attraverso l’individuo, ma attraverso le relazioni che lo sostengono e lo definiscono.  Comprendere come e perché lavorare con le famiglie può essere trasformativo.


Nel suo celebre testo “Pragmatica della comunicazione umana”, Paul Watzlawick ha posto le basi per comprendere la comunicazione non solo come scambio di parole, ma come processo relazionale che organizza le nostre vite.

Tra i suoi contributi principali, uno spicca con forza: "non si può non comunicare". Anche il silenzio, un gesto evitante, un sorriso forzato, sono messaggi all’interno di una relazione.

All’interno delle famiglie, le relazioni sono regolate da modelli di comunicazione stabili, spesso inconsapevoli. Quando questi modelli diventano rigidi o contraddittori, possono generare tensioni e sintomi. Un esempio è il doppio legame: quando una persona riceve due messaggi incompatibili (es. "Sii libero!" ma solo se ti comporti come voglio io), viene intrappolata in una dinamica in cui qualsiasi scelta è sbagliata. Queste situazioni, comuni nelle relazioni familiari, possono bloccare lo sviluppo individuale e alimentare malesseri psicologici.


Camillo Loriedo, psichiatra e psicoterapeuta di formazione sistemico-relazionale, integra nella sua visione due grandi cornici teoriche:

La Teoria Generale dei Sistemi, che vede la famiglia come un sistema interconnesso, in cui ogni comportamento ha senso solo se letto nel contesto delle relazioni.

La Teoria dell’Attaccamento, che ci ricorda quanto i legami affettivi precoci plasmino la nostra sicurezza emotiva e la nostra capacità di stare in relazione.

Per Loriedo, la chiave sta nell’integrare le due visioni: comprendere sia la struttura delle relazioni attuali (il “sistema”), sia le ferite e i bisogni affettivi che si sono radicati nei primi legami (l’“attaccamento”).

In quest’ottica, il supporto familiare non è solo un intervento sulle dinamiche attuali, ma un percorso che aiuta ogni membro della famiglia a riconoscere i propri bisogni di vicinanza, protezione, riconoscimento  e ad esprimerli in modo più autentico e sicuro.


Comunicare per guarire


Il lavoro con le famiglie ha quindi un doppio valore:
- riparare la comunicazione disfunzionale che mantiene i problemi,
- rafforzare i legami di attaccamento, creando connessioni più sicure e nutrienti.

Un figlio che si isola o manifesta comportamenti oppositivi, ad esempio, può essere il portavoce di un legame che ha perso sicurezza. Un genitore in crisi può sentirsi solo nel proprio ruolo, e il suo disagio può influenzare tutto il clima familiare.

La terapia familiare permette di dare voce a ciò che non viene detto, di creare uno spazio protetto dove ognuno possa essere visto e ascoltato.


Il sintomo, in una prospettiva sistemica, è spesso una richiesta di cambiamento mascherata. 

Attraverso il supporto psicologico familiare, è possibile aiutare la famiglia a decodificare questo messaggio, trasformando il disagio in una nuova possibilità di connessione e crescita.


La comunicazione è il ponte attraverso cui passano i cambiamenti più profondi. Quando le parole tornano a fluire, quando i legami si riattivano, allora la famiglia può diventare non solo il luogo in cui si è generato il problema, ma anche la risorsa principale per la sua trasformazione.